L. Grion (a cura di),

La differenza umana. Riduzionismo e antiumanesimo

La Scuola, Brescia 2009

 

«Per porre correttamente a tema il significato della differenza umana – per chiedersi a che titolo sia possibile parlare di una speciale dignità da riconoscersi all’uomo, anche in termini giuridici – occorre innanzi tutto operare una ricognizione di quei “luoghi” in cui tale specificità sembra rendersi maggiormente riconoscibile. La dimensione simbolica, le manifestazioni culturali e religiose, le abilità tecnico-progettuali sono senza dubbio alcuni di tali ambiti; in essi si palesa infatti lo scarto qualitativo che distingue la persona umana dal resto dei viventi e che la rende, ad un tempo, figlia e custode di quel mondo naturale che l’uomo continuamente trascende in forza della sua dimensione spirituale […]. Interrogarsi sulla differenza umana significa dunque intercettare tutta una serie di questioni sull’uomo, sulla sua natura essenziale, sul suo rapporto col mondo; domande che rappresentano, in fondo, la trama stessa di una riflessione antropologica impegnata a cogliere il concreto strutturarsi dell’esperienza umana» (dalle Conclusioni).

Il volume si propone di sviluppare in particolare quatto interrogativi:
1) Qual è il posto dell’uomo rispetto al processo evolutivo?
2) L’apertura alla trascendenza testimoniata dal fenomeno religioso è riducibile ad una mera strategia evolutiva?
Quale tipo di legame struttura la relazione tra uomo e macchina?
4) Vi può essere vero ambientalismo senza un nuovo antropocentrismo?

«Cercare la verità dell’uomo esclusivamente sul piano fisico-biologico, ricondurre la complessità della vita spirituale ai soli meccanismi fisiologici o al risultato, più o meno casuale, del processo evolutivo significa porsi, a priori, ad un livello d’analisi insufficiente. Il limite […] non consiste in una falsità tout court del progetto naturalistico, ma nella sua parzialità: esso pretende di trovare risposta agli interrogativi sull’uomo – si pensi, ad esempio, al fondamento dei giudizi morali o alla specificità della vita della mente – trattenendosi esclusivamente sulle pre-condizioni archeologiche o genealogiche dell’azione umana (riconoscendo in tal modo un implicito primato dell’involontario sul volontario). Così facendo l’approccio naturalista intercetta indubbiamente molte verità sull’uomo, ma ne perde di vista la verità complessiva e, con essa, il senso e la specificità del suo essere al mondo. Da queste considerazioni emerge la necessità di ampliare l’ambito della ricerca antropologica, tenendo in debito conto le radici biologiche in cui affonda l’esperienza umana ma, al tempo stesso, valorizzando adeguatamente la capacità dell’uomo di emanciparsi da esse; di qui la doverosità di far proseguire la riflessione sull’uomo lungo i sentieri in cui fiorisce l’autonomia della persona ed in cui si spende la sua libertà, riconoscendo in tal modo l’ineludibilità di una riflessione sul télos che ne anima il cammino. Si tratta, in ultima istanza, di recuperare il significato originario (e dinamico) di “natura umana” non più assunta, al modo dei moderni, come il dato indisponibile sul quale l’uomo costruisce la propria individualità, bensì come il fine a cui tendere; la massima espressione di quella differenza umana, appunto, in cui consiste la specificità e dignità della persona» (dalle Conclusioni).

Sommario

G. Grandi, Appunti per un programma di ricerca

L. Grion, Sulle tracce dell’animale simbolico

A. Peratoner, Quale antropocentrismo? Ripensare la persona umana in relazione all’ambiente

C. Cirotto, L’emergenza nella vita

F. Macioce, Le frontiere giuridiche del riduzionismo

A. Aguti, La critica naturalistica della religione in Richard Dawkins e Daniel Dennett

R. Presilla, Linguaggio e naturalismo: il caso di Quine

A. Montanari, Riduzionismo e non in intelligenza artificiale

A. Allegra, Identità personale e crisi del naturalismo. Su un legame problematico

P. Pagani, Appunti sulla specificità dell’essere umano

E. Runggaldier, Anima e speranza nell’immortalità

L. Grion, Note conclusive